La formulazione “Non c’è rapporto sessuale” di J. Lacan, caposaldo della psicoanalisi lacaniana, non vuol dire che non si compiano atti sessuali, ma che due partner non possono fare Uno. Il tentativo immaginario di completamento reciproco (il famoso mito platonico dell’altra metà della mela) , di comprensione in armonia, di colmare le proprie mancanze attraverso il rapporto incontra sempre l’impossibile a realizzarsi.
Infatti a differenza degli animali per i quali esiste un programma istintuale scritto entro cui si realizzano cicli infiniti, sempre puntuali e uguali, di incontri, accoppiamento e riproduzione, per gli esseri parlanti non esiste programma né genetico né culturale che determini l’incontro e ne garantisca una qualche forma. Ogni soggetto porta nell’incontro con l’altro la sua cifra singolare, la lettera che lo ha marchiato, l’alterità che è in sé, si è stranieri l’uno all’altro e a se stessi. La territorialità dell’inconscio non è la territorialità dell’etologia. Per quanto una certa fantasia di padronanza abiti da sempre l’umanità, S. Freud l’ha messa a soqquadro indicando ciò che ascoltava nei pazienti con “l’Io non è padrone in casa propria”. Vuol dire che il soggetto è determinato proprio da ciò che gli sfugge, dal discorso inconscio, ivi inclusa da quell’ “altra soddisfazione”, fonte di piacere e dispiacere, di cui non ci si può sbarazzare, se non al prezzo della morte soggettiva. Ogni soggetto ha un rapporto singolare con tale impossibile (“il rapporto sessuale non esiste”), da cui è il sintomo, la sua posizione nel mondo e con l’altro. Ogni incontro tra due partner comporterà allora l’invenzione di un modo, un arrangiarsi nel rapporto come succede tra due che parlano lingue diverse, spesso ne è un dramma, talvolta una tragedia, e il dire in analisi ne rende testimonianza, a volte può divenire anche una commedia.
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The odd couple
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