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Il mio re
mon roi

​Tony e George. Eco e Narciso.

Le relazioni che fanno male. Le relazioni del né sì né no, più del dispiacere che del piacere.
Quelle dove il -no- in ultima istanza imbocca la via del farsi fuori, della caduta reale, perché non funziona il no simbolico, il limite.

La caduta soggettiva di uno dei due partner prende spesso le forme di una mortificazione nella mente e nel corpo, che tende a salvare l’integrità dell’immagine dell’altro e a schiacciare rovinosamente il valore di sè.
La domanda d’amore di Tony va ogni oltre limite, lasciandola annichilita.
Tony abusa di psicofarmaci, di alcool, si rompe un ginocchio, è in balìa di una sofferenza che non trova modo di canalizzarsi in altro modo o di prendere una direzione differente.
Lei si presta all’altalena su cui la porta George finché l’insopportabilità la spinge a cadere, come a non poter fermare, nè a limitare il turbinio di un desiderio senza limite e apparentemente senza meta. Un desiderio che non annodandosi alla dimensione dell’amore reciproco, rivela la sua spinta distruttiva.

L’ amore limita la dimensione dell’eccesso e introduce a quella della rinuncia, della perdita di qualcosa da parte di entrambi i partner, condizione perché si avvii e si sostenga il discorso del legame amoroso, quello in cui la sofferenza non è devastazione ma piuttosto un attraversamento delle proprie mancanze.
Tony e George non mettono in campo alcuna perdita, ogni incontro è marcato dall’impossibilità a che qualcosa diventi possibile, che si costruisca.
Manca ciò che fa da supplenza a questa impossibilità, che troviamo spesso nelle forme dell’amore, non si produce ciò che dalla presenza dell’uno e dell’altro arrivi a creare la dimensione terza del “noi”.

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