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Straniu*
Testo pubblicato in Rete Lacan n°68 – "Estraneo"– 23 settembre 2024
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In questo testo tratterò del nodo tra il corpo e l’estraneo in tre passaggi: l’attraversamento freudiano, la risposta del discorso contemporaneo, l’etica dell’analisi e della fine analisi.

«Lo straniero è colui che acconsente di pagare il prezzo
della propria estraneità. È per ciascuno di noi il prezzo pagato
per essere se stessi»[1].

Corpo estraneità

In Freud incontriamo l’estraneo con le declinazioni del termine Entfremdung, che apparirà a più riprese nel corso delle Opere. Fremde a livello dell’organizzazione della psiche, Entfremdet a livello della differenza sessuale, Entfremdungsgefühl a livello dell’esperienza diretta, scandiscono tre tempi diversi nella ricerca e nell’esperienza di Freud rispetto alla castrazione e al suo maneggiamento[2].

In Progetto di una Psicologia per neurologi (1896), alla base dell’organizzazione della psiche troviamo due versanti, da intendere nell’accezione di una ciambella con il buco: l’oggetto per natura estraneo (Fremde) che “brilla per la sua assenza”, e il circuito dei tracciati di soddisfazione che si inscrive sin dalla prima esperienza con l’oggetto. Da qui si avvia la ripetizione proprio di quei tracciati, che vanno a costituire la memoria che il soggetto ha del proprio corpo.

Nel testo Il Feticismo (1927) si incontra Entfremdet, ovvero un senso di estraneità sperimentato dai feticisti rispetto al genitale femminile, “stigma indelebile” dell’avvenuta rimozione della castrazione materna. Rinnegamento e riconoscimento della castrazione coesistono, il feticcio copre la differenza tra i sessi in un misto di trionfo sulla castrazione e al contempo di protezione da essa. Freud sottolinea che il feticcio va letto come corpo del linguaggio, così lo sfavillìo sul naso, nella lingua madre inglese del suo paziente andava tradotto con: un’occhiata/sguardo al naso. Molti anni più tardi (1936), Freud descriverà la sua esperienza diretta di un “sentimento di estraniazione” (Entfremdungsgefühl) davanti all’Acropoli [3], come un atto mancato presente in tutte le persone sane. È a causa di un tempo scandito dal corpo senile, segnato dalla castrazione, che Freud potrà dire che l’angoscia derivante dall’incontro (tyché) con ciò che fa buco determina un non volerne sapere, la difesa attiva perciò la ripetizione di una realtà “già detta”, dunque padroneggiabile e riappropriabile. Così nel ricordo dell’esperienza di 30 anni prima, Freud riconoscerà l’estraneità come il segno di ciò che non può essere ricoperto dalla ripetizione.
Estraneo-corpo-linguaggio si annodano tracciando un’esperienza dove il soggetto assume la sua posizione singolare rispetto alla castrazione.

Corpi estranei

«Perché osservi la pagliuzza nell’occhio di tuo fratello,
mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo?» (Matteo 7:3)

L’ambito della psicoanalisi «è quello del discorso concreto in quanto campo della realtà transindividuale del soggetto»[4]. Questa cornice orienta a considerare che così come l’isteria era, ai tempi di Freud, il sintomo della società europea di fine ottocento sul versante della metafora, nel XXI secolo transgender è il sintomo sul versante del reale, perché è del disordine nel reale e dello sfilacciamento simbolico che qualcosa fa sintomo. Corpi estranei, allora come adesso. Il discorso sociale e scientifico attuale risponde andando nella direzione di voler eliminare ciò che del corpo è estraneo, inquietante e scomodo, per appropriarsi della possibilità che la ciambella si chiuda sul buco (o altrimenti detto che ci sia rapporto sessuale). Ciò vuol dire tentare di forzare l’impossibile, che per logica non si può scrivere e non può dunque diventare possibile: di fatto una ciambella senza buco non è più una ciambella! Così se fino al XVIII si avvalevano del simbolico adoperandosi con esorcismi e trattamenti morali per estrarre il bolo isterico, la risposta scientifica di oggi è un passaggio al reale attraverso la chirurgia.

Corpo analista

Il passaggio etico che invece propone la psicoanalisi è da l’estraneo al «c’è dell’estraneo»[5], che emerge nell’ordine stesso oltrepassandolo. Il partitivo sta a indicare che non esiste la categoria rappresentabile dell’estraneo, ma che ci sono tanti ordini quante estraneità. Coerentemente a ciò, la posizione dell’analista è al femminile, che ha la sua logica nel non-tutto e dunque nell’uno-per-uno. La bussola della psicoanalisi è proprio in quel punto di opacità singolare (Fremde) a ciascuno, affinché ognuno trovi la sua via per trattarne le tracce e saperci fare a partire dagli equivoci che ne scaturiscono.

Che ne è dell’estraneo a fine analisi?

L’oggetto si stacca dalla “memoria” significante a cui è stato legato, non per chiudere il buco ma piuttosto per passare dal buon buco! Il passaggio da analizzante ad analista è un passaggio del corpo. Le testimonianze di passe assumono valore nella comunità analitica perché testimoniano di quel passaggio, attraverso l’assunzione di un dire e di un impossibile a dire irriducibilmente singolare. È la trasmissione della psicoanalisi e del suo impossibile a tradursi.

[*] Forma dialettale siciliana per dire estraneo.
[1] E. Jabès, Uno straniero, con, sotto il braccio, un libro di piccolo formato, SE SRL, Milano, 2001, p.76.
[2] Mantenere in lingua originale tedesca le tre declinazioni dell’estraneo in Freud ha la finalità di sottolineare il valore dell’intraducibilità della lingua, in linea con la questione trattata.
[3] S. Freud, “Un disturbo della memoria sull’Acropoli”, in Opere, vol.11, Bollati Boringhieri, Torino,1979, p.478.
[4] J. Lacan, “Funzione e campo della parola e del linguaggio in psicoanalisi”, in Scritti, Einaudi, Torino, 1974, p. 251.
[5] B. Waldenfels, Estraneo, straniero, straordinario. Saggi di fenomenologia responsiva, Rosenberg & Sellier, Torino, 2011, p.77.

 

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