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Poesia e analisi
poesia

La poesia non serve a niente nella logica del profitto sociale, non porta soldi, spiegazioni, né concetti per far quadrare la vita. In alcuni casi è buttata nel bel mezzo dei concorsi e allora più che poesia diviene trofeo, da mostrare, da imbellettare i salotti reali o virtuali che poi è la stessa cosa quando si tratta di immagine. La poesia, piuttosto, buca l’immagine e il bla bla di contorno. Non è del registro dell’avere e del suo correlativo mostrare.
La non-utilità della poesia, tra rime, non sense e suoni, punta all’osso del reale, al cuore dell’essere.. all’ intimità più indicibile.
Si approssima a ciò che di sconosciuto, enigmatico, strano e inquietante abita dietro i salotti, o forse ancor meglio nelle posizioni scomode che si prendono sul divano. Ma quale divano? Quello dell’analisi…già.
L’analisi e la poesia? Sì!
L’analisi fa scorgere qualcosa di profondamente radicato nell’intimità di ciascuno, attraverso alcune parole e silenzi, che risuonano come falle o chiodi fissi tra i pensieri, tra le chiacchiere, nel corpo, nell’affaccendarsi quotidiano, nelle notti.
Illumina facendo a meno dei riflettori e del dizionario.
Non è un manuale dentro il quale tutti si ritrovano ma singolarmente nessuno si rintraccia, è piuttosto l’indicazione di qualcosa che è lì ma allo stesso tempo sfugge, un’indicazione diversa per ciascuno. E’ una bussola, per orientarsi in modo inedito in quei territori dell’intimità, conosciuti e sconosciuti al contempo.
“Dove sono? Cosa voglio? Che vuol dire questa sofferenza? ” restano interrogativi fuori-manuale, da rin-tracciare solo singolarmente.
Non rende fighi, né è utile a presentarsi in tv, non contribuisce a far funzionare (sic come macchine!) così come lo esige l’Altro contemporaneo: “bello, sano, performante e di successo”
Si interessa piuttosto a come funziona quel soggetto che parla, nella vita, nella sofferenza, nei sintomi, nelle relazioni, perché qualcosa gli risuoni di ciò e possa ascoltare le stonature, il ritmo, le corde di cui si è costituito, le pause, le mancanze…
Da lì inizia una partitura al singolare, perché ciascuno possa saperne e farsene qualcosa degli effetti di questo lavoro, che è un po’ fuori dal coro. Farsene qualcosa? Sì, di prezioso e proficuo per sé, l’analisi arriva a ciò che è utile e piacevole e benefico per ciascuno, passando per le vie della perdita e dei buchi, dell’inciampo e della mancanza. Strano no? Eppure accade così e i suoi effetti ne sono testimonianza.  ​

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