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PIPOL10 – Volere un bambino? Desiderio di famiglia e clinica della filiazione
6° Congresso Europeo di Psicoanalisi
PIPOL_10 locandina

Il mio intervento al Congresso, trattandosi di un caso clinico, per rispettare la privacy dell’interessato, non viene pubblicato.

Presentazione di Dominique Holvoet al Congresso PIPOL10

Nel 1938 Jacques Lacan considera la famiglia umana come una istituzione[1].
I forsennati tentativi di ridurla a un fatto biologico evidenziano una causa persa che mira a proteggere l’ordine naturale del reale, in particolare nelle questioni che riguardano la riproduzione e la sessualità. L’ illusione di una pretesa famiglia naturale è andata in frantumi dopo che la scienza ha toccato la natura e che il reale ne è sfuggito fuori, provocando un grande disordine nelle strutture tradizionali dell’esperienza umana. È sullo sfondo di queste crescenti impasse che nel 2012 Jacques-Alain Miller ha invocato un aggiornamento della nostra pratica analitica[2].

Gli interventi della tecnologia sul vivente hanno anche prodotto «degli sconvolgimenti sempre più numerosi e sorprendenti nei campi della procreazione, del genere e della filiazione»[3] mettendoci «in presenza di una frammentazione della sostanza biogenetica della parentela»[4]. Volere un figlio confina con la rivendicazione di ottenere dal mercato un prodotto disponibile grazie alla scienza. La diagnostica pre-impianto apre la porta a uno squilibrio demografico senza precedenti per ciò che concerne la scelta del sesso, vale a dire ai peggiori tentativi di eugenismo. Il commercio del concepimento richiede una regolazione.  Alla grande varietà culturale dei sistemi di parentela individuati dall’antropologia si sostituisce la diversità «delle leggi che determinano i fatti della natura atti a specificare le relazioni di parentela»[5]. Come psicoanalisti non possiamo negare questo reale fuori natura perché «il rifiuto di accogliere questo fatto nel simbolico lo farà ritornare nel reale in modo molto più minaccioso»[6].
Per Freud il desiderio di un figlio arriva alla donna come compensazione fallica di ciò che lei non ha potuto ottenere dal proprio padre. Così, l’equivalenza simbolica bambino-fallo installa la prole come sostituto dell’oggetto perduto del desiderio. È il caso più aperto ai nostri interventi, come il Dr. Lacan osservava nella sua nota[7], quando il bambino non viene a saturare il modo di mancanza in cui si specifica il desiderio del genitore. Ma il fatto che la tecnica abbia « fatto salire a bordo » anche la procreazione svela sempre più ciò che la natura pudicamente copriva, «la falsa evidenza del legame naturale e dell’universale del desiderio di un figlio»[8]. La psicoanalisi lacaniana rivela che il desiderio viene a rivestire un voler godere particolare, in questo caso di un  figlio. Anche se i vecchi discorsi continuano a sostenere che non si deve toccare la riproduzione, la sessualità o la famiglia in nome di un dio-padre, questi tentativi di imbrigliare il godimento non resisteranno alla riconfigurazione del desiderio all’opera in forme di unione inedite. Nondimeno, «se la psicoanalisi non può essere strumento di un conservatorismo sociale […], essa non può sottoscrivere tutte le aberrazioni del desiderio»[9]. La psicoanalisi sostiene la necessità di un desiderio incarnato che si rileva nelle cure particolarizzate del parentage  [cura genitoriale] o metti tra quadre la traduzione italiana o se preferisci metti una nota e dici che lo hai conservato per mantenere la consonanza, spiegando che parents vuol dire genitori – termine più adatto alla nostra epoca rispetto a maternage – annodato a una formazione umana che esercita un freno sul godimento[10]. Oggi questa formazione si incarna nella nozione di famiglia piuttosto che in quella di un dio-padre. È una famiglia residuo, contrazione di tutte le forme di famiglia inventate nel corso dei secoli, che «valorizza l’irriducibilità di una trasmissione […],  in quanto implica la relazione con un desiderio che non sia anonimo»[11]. Quasi un secolo fa Lacan evidenziava che questa famiglia nucleare non dipendeva dalle forme di parentela bensì dalle forme di alleanza[12]. Dovremo esplorare le nuove forme di unione al fine di rivelare l’impossibile che in ciascun caso ne costituisce lo zoccolo sintomatico. Dovremo anche esplorare il modo in cui i nomi di padre e madre sono oggi rimaneggiati  nel mondo del contratto che non conosce limite[13]. «Di fronte a questi rimaneggiamenti molto rapidi dell’uso dei nomi, la psicoanalisi e il suo discorso sul padre e sulla madre è convocata a vario titolo»[14], osserva a sua volta Éric Laurent. La parentela si trova così presa in un vertiginoso relativismo perché definita come un sistema giuridico separato da ogni tradizione storica. Questo ricorso crescente al riconoscimento da parte della legge, laddove il riconoscimento simbolico fa difetto, ci conduce a un mondo di norme disgiunte da un operatore desiderante incarnato. Pertanto, ciò che ci manterrà in prima linea sono gli usi dei nomi della parentela peculiari a ciascuno per costruirsi come essere sessuato. Il neologismo di genitorialità testimonia di questa mutazione, «significante unico che viene a rimpiazzare padre e madre, esso appartiene all’epoca degli uni disgiunti e spasi»[15].

Avere un figlio offre al genitore «l’oggetto stesso della sua esistenza che appare nel reale»[16] che invoca lo spazio del mantenimento di una conversazione permanente per assicurarsi la  moltiplicazione degli operatori in grado di incarnare un desiderio che ponga un freno al godimento.

Il punto interrogativo del nostro titolo interroga il volere in gioco nella procreazione. L’accento messo sul desiderio di famiglia indica che non si fa ma un bambino da soli, che la sua venuta si inscrive necessariamente nella pratica de lalingua in cui inciampa. È a partire da questa immersione nel linguaggio che il parlessere interrogherà retroattivamente il posto in cui è venuto a collocarsi nella filiazione.

Che provenga dalla donazione di ovuli, dalla crioconservazione dei gameti, da zigoti o da embrioni, eventualmente prima di un cambio di sesso, da una maternità surrogata, o da un utero in affitto, da una selezione predittiva di embrioni o da una semplice relazione sessuale, l’essere vivente che ne risulta porterà sempre l’impronta del segno che lo vede nascere come corpo parlante, enigma della sua venuta al mondo, mistero dell’unione della parola e del corpo[17], «faglia del reale che nessuna ingegneria biotecnologica saprebbe colmare»[18].  Questo è il mistero che Pipol 10 si impegnerà a elucidare, a partire dalla parola analizzante, l’unica che permetterà di operare un aggiornamento dei Complessi familiari nel XXI secolo!

LINK al sito PIPOL10

Traduzione di Marianna Matteoni

Revisione di Francesca Carmignani

[1] Lacan J., «I complessi familiari nella formazione dell’individuo», Altri scritti, Einaudi, Torino 2013, p. 23.

[2] Miller J.-A., «Il reale nel XXI secolo. Presentazione del tema del IX Congresso dell’AMP», La Psicoanalisi, 52, Astrolabio, Roma 2012, pp. 13-22.

[3] Ansermet F, Prédire l’enfant, Paris, PUF, 2019, p. 10.

[4] Palomera V., «Comment le droit reconfigure les paternités», Mental, 18, 2006, p. 125.

[5] Ivi, p. 126.

[6] Miller J.-A., Audition de M. Jacques-Alain Miller au Sénat concernant l’ouverture du mariage aux couples de personnes du même sexe, présidée par Jean-Pierre Sueur, 12 mars 2013. Disponible sur senat.fr

[7] Lacan J., «Nota sul bambino», Altri scritti, op. cit., p. 367.

[8] Laurent D., «Le désir d’enfant à l’heure de la science : incidences cliniques», Letterina, Bulletin de l’ACF Normandie, 63, juin 2014, p. 28.

[9] Ibidem.

[10] Lacan J., «Allocuzione sulle psicosi infantili», Altri scritti, op. cit., p. 360.

[11] Lacan J., «Nota sul bambino», op. cit., p. 367.

[12] Laurent E., «Le Nom-du-Père entre réalisme et nominalisme», La Cause freudienne, 60, Paris, Navarin éditeur, 2005, p. 138.

[13] Miller J.-A., Milner J-C, «Voulez-vous être évalué?», Paris, Grasset, 2004.

[14] Laurent E., op. cit, p. 132.

[15] Brousse M.-H., « Un néologisme d’actualité : la parentalité », La Cause freudienne, 60, Paris, Navarin éditeur, 2005, p. 123.

[16] Lacan J., «Nota sul bambino», op. cit.

[17] Miller J.-A., «L’inconscio e il corpo parlante», Scilicet. Il corpo parlante, Alpes, Roma 1016, pp. XXIII-XXXI.

[18] Miller J.-A., «L’avenir de Mycoplasma laboratorium» , Lettre Mensuelle, 04/2008, n°267. – p. 11-15

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