«È a causa del sogno e nel campo del sogno che, innanzitutto, noi ci riveliamo più forti dell’ombra.»
J.Lacan, Seminario VIII, Il transfert
Alla periferia di Budapest.
Un mattatoio.
Due estranei.
Reale e Sogno.
L’incontro tra un uomo e una donna inizia sulla sincronia di un sogno, inspiegabile ma interpretata come segno. Non c’è incontro che accada al di fuori del desiderio soggettivo che l’altro segna e attiva, senza saperne niente.
Un film sull’incontro tra due solitudini, tra due corpi e due anime che aprono qualcosa della vita, lì dove la morte sembrava esser padrona.
Je rêve, tu rêves, nous nous rêvons..
L’ inizio di un discorso amoroso.
La psicoanalisi insegna che si sogna sempre, non solo di notte ma soprattutto ad occhi aperti, che il risveglio assoluto è accecante e dal lato della morte, ed è impossibile da realizzare se non a prezzo della distruzione soggettiva.
Reale: lei e lui, sganciati dal legame sociale, ciascuno chiuso nella propria bolla, troppo prossimi al reale del corpo: corpo asettico di lei, corpo disabile di lui. Silenzio, pulsione di morte.
Sogno: entra in gioco il credere, che il mondo dell’altro riguardi in qualche modo il proprio, che nell’altro si trovi quel qualcosa di sconosciuto a se stessi che con l’incontro amoroso può essere avvicinato. L’incontro d’amore è sempre travolgente, perché è l’incontro con tutto ciò che marca nel soggetto la sua specificità, la sua singolarità, ciò che di più intimo gli è inspiegabile e sconosciuto e che l’altro risveglia.
Maria e Endre sopravvivono a tale travolgimento, lo sguardo del regista ritaglia quel particolare equilibrio tra la solitudine e il piacere provocato dall’essere con l’altro. E’ il principio dell’amore. Si scelgono.