Marnie è una donna che vive derubando bottini di denaro ai suoi datori da lavoro, a ogni furto cambia nome, colore di capelli, canovaccio biografico. È sola, l’unica persona con cui ha un legame è la madre, a cui manda il denaro. Non ha mai avuto una relazione sentimentale ed è terrorizzata dal contatto intimo con un uomo, inoltre è immobilizzata dalla paura di fronte al colore rosso e ai temporali. Marnie vive nella sua quotidianità il trauma che ha vissuto da bambina e che non può ricordare, poiché rimosso e mai parlato dalla madre.
Freud nel suo ascolto delle pazienti affermava: “l’analisi ha rivelato il fatto sorprendente che a ogni coazione a ripetere corrisponde una rimozione.”
La rimozione è un processo di difesa con cui la persona prova degli affetti spiacevoli tutte le volte che si presentano degli elementi residuali che richiamano la scena passata, ma senza che questa venga ricordata in modo cosciente poiché estremamente spiacevole e minacciosa per l’equilibrio psichico.
Data la mancata associazione cosciente, per il soggetto risultano dunque inspiegabili e ingestibili quegli affetti e quelle sensazioni di dispiacere che si ripetono nell’attualità.
Marnie risponde all’insopportabile e all’angosciante con la dérobade, il defilarsi dall’altro, il sottrarsi, lo scartarsi. Fino a che incontra Mark che, innamoratosi di lei, si prende l’azzardo di smascherarla e tenerla a sé cercando di scoprire ciò che è al di là della maschera.
La dérobade è anche il movimento che il cavallo compie per scartare l’ostacolo, ostacolo che nel film prende le sembianze di un muro davanti al quale Marnie cade con il suo cavallo, come nella necessità di fare i conti con ciò a cui era incollata.
Da lì a breve si farà aiutare da Mark a ricostruire e a ricordare la scena traumatica, con l’effetto liberatorio di poter esprimere un desiderio per sé, nuovo.
Un film di A. Hitchcock, di ispirazione dichiaratamente psicoanalitica, che senza sbavature racconta una storia straordinariamente ordinaria nella logica di regia dell’inconscio.